LUOGHI DI INTERESSE

IL CASTELLO ARAGONESE

Il Castello di Conversano è una struttura trapezoidale di origine normanna, ma successivamente modificata e rimaneggiata, soprattutto nel XV e nel XVII secolo, in modo da tramutarla da fortezza originaria qual era in fastosa dimora signorile. Effettuando il giro del perimetro della costruzione, possiamo notare ancora un grosso torrione cilindrico (XIV secolo), un bastione poligonale munito di merlatura per le bocche da fuoco, risalente al 1460, tre massicci torrioni quadrati (XI-XII secolo), di cui il torrione maestro è di età normanna e sorge su preesistenti mura megalitiche (per alcuni tratti ancora visibili), e qualche resto di finestre ogivali e circolari. La porta d’ingresso, il muro di cinta del cortile e la pregevole galleria che gira nell’interno dell’atrio risalgono invece al 1710, anno in cui furono fatte costruire dalla contessa Dorotea Acquaviva. Sul lato di Piazza della Conciliazione sorge l’ingresso monumentale tardo barocco. L’ingresso nel castello avviene non da Piazza Castello, bensì dalla adiacente Piazza della Conciliazione, dove si accede tramite il portale del 1710, di linee barocche. Si arriva così nel cortile interno, a portico e loggia su due lati. L’appartamento dei signori presenta ancora in alcune sale l’antico arredamento dei secoli XVI-XVII. Spettacolare, per bellezza ed estensione, è inoltre la vista dall’alto della torre che domina il cortile, eretta nel XIV secolo da Gualtiero di Brienne. Attualmente, alcune parti del Castello restano in mano di privati. All’interno del castello, dopo una serie di restauri, è stata collocata la pinacoteca comunale. In essa Sono contenute svariate opere tra le altre cose le grandi tele raffiguranti episodi della Gerusalemme liberata ad opera del pittore seicentesco napoletano Paolo Domenico Finoglio, invitato a Conversano da Giangirolamo II d’Acquaviva; il ciclo di opere serve per esaltare il potere e il prestigio della casata che ha commissionato l’opera al pittore.


LA BASILICA CATTEDRALE 

La basilica minore cattedrale di Santa Maria Assunta e San Flaviano Vescovo è il principale luogo di culto cattolico di Conversano, nella città metropolitana di Bari, cattedrale della diocesi di Conversano-Monopoli. In stile romanico, l’edificio venne iniziato tra l’XI e il XII secolo, fu rinnovato nel 1358-1379 mantenendo le forme originali e poi restaurato pesantemente prima nel XVIII secolo e poi nel 1911, a seguito di un incendio. Nel giugno del 1997 papa Giovanni Paolo II l’ha elevata alla dignità di basilica minore. Le origini dell’edificio attuale sono databili presumibilmente alla fine dell’XI secolo, quando si avviò la riedificazione della cattedrale sullo stesso luogo dove sorgeva una chiesa precedente, probabile riadattamento di un edificio di culto precristiano. Nel corso dei secoli, la cattedrale fu oggetto di ripetuti interventi di restauro. Nel 1359 il vescovo Antonio d’Itri promosse il completamento dell’arredo scultoreo, in particolare intervenendo sulla facciata. Nel periodo barocco, gli interni della chiesa furono radicalmente trasformati secondo il gusto dell’epoca: le pareti interne furono coperte di stucchi, il soffitto fu ribassato e dipinto con immagini sacre e motivi ad arabeschi, ulteriori altari alterarono la scansione degli spazi nelle navate laterali. Nel 1877 l’architetto locale Sante Simone propose di restituire alla cattedrale la bellezza delle linee dell’originale tempio romanico. Tale progetto, che venne fortemente avversato dall’opinione pubblica locale, fu attuato accidentalmente qualche decennio dopo, a seguito delle ingenti distruzioni generate nel 1911 dall’incendio che distrusse completamente gli interni della chiesa. A parte pochi arredi salvati dalle fiamme, fu possibile recuperare solo la facciata e la parte absidale. La ricostruzione, promossa dai vescovi Antonio Lamberti e Domenico Lancellotti, fu completata nel 1926 quando la cattedrale venne riaperta al culto. Lo stile architettonico attuale segue i canoni del romanico pugliese, con una pianta a croce patibulata, ossia a T, e le absidi rivolte a oriente. La facciata a capanna, con un accenno a salienti e archetti pensili nella cornice, è tripartita da lesene e caratterizzata nella parte superiore da un rosone quattrocentesco a dodici raggi e doppia cornice, e ai lati di questo, da due oculi più piccoli. Lungo la facciata si aprono tre portali: quello centrale presenta una ricca decorazione scultorea con due leoni stilofori che reggono idealmente un protiro a timpano. All’interno, le tre navate, munite di matronei, corrispondono alle tre absidi semicircolari del presbiterio. Un affresco quattrocentesco di scuola pisana ricopre l’intera abside sinistra. Ai lati delle navate si aprono degli archi ciechi dove hanno sede, tra gli altri decori, i due più importanti arredi scampati alle distruzioni dell’incendio del 1911: un crocifisso ligneo del XV secolo e l’icona della Maria Santissima della Fonte, protettrice della città. Tra le tante stranezze presenti nell’urbanistica di Conversano e nella locazione dei suoi edifici, spicca la posizione dell’ingresso della cattedrale; esso infatti, contrariamente alla tradizione, non è posto sulla piazza principale ma in un largo a parte, di fronte a Corte Altavilla, antica sede dei conti di Conversano. Tale disposizione fu dettata dal fatto che la cattedrale dovesse essere rivolta a ovest, ma il castello attorno al quale è locata la piazza principale non aveva lo stesso orientamento. Sul lato della cattedrale che dà sulla piazza è presente un solco che serviva da unità di misura per il mercato locale. Altra particolarità è il campanile: quello originale fu bloccato a metà costruzione con un atto notarile da parte delle badesse del monastero di San Benedetto, quello che ora è considerato il campanile vero e proprio è di costruzione successiva; l’orologio ivi presente non era lì in origine e fu aggiunto successivamente, una volta ottenuto il consenso e le autorizzazioni necessarie.


IL MONASTERO DI SAN BENEDETTO

Il monastero di San Benedetto, dedicato al santo di Norcia, è un complesso conventuale situato a Conversano, la cui costruzione iniziò a partire dal VI secoloAttualmente il monastero di San Benedetto non è più un convento monastico ma è un luogo di cultura di proprietà del Comune di Conversano. Al suo interno, vi sono ospitati il Museo Civico Archeologico, la sede operativa del Ministero dei Beni Culturali, la Fondazione G. Di Vagno, l’oratorio della Basilica Cattedrale. La maggior parte dei luoghi al primo piano sono interessati da due grossi progetti di ristrutturazione strutturale e il rifacimento delle tettoie. Secondo una tradizione non attestata da fonti, il primo insediamento di monaci benedettini a Conversano risalirebbe al VI secolo. Di sicuro esso nel X secolo godeva di un certo benessere, rafforzato nel 1098 dal primo conte di Conversano Goffredo che concesse al monastero i diritti fiscali sul vicino centro di Castellana. Nel 1110, papa Pasquale I dispose che il convento sarebbe stato direttamente soggetto alla Santa Sede e concesse ai monaci il diritto di eleggere autonomamente il proprio abate. Veniva così sciolto il vincolo tra il monastero e il vescovo locale. Una bolla di papa Alessandro IV del 1256 conferì all’abate conversanese anche la giurisdizione ordinaria sul clero di Castellana. Solo pochi anni dopo i benedettini abbandonarono Conversano, forse per essersi opposti al re di Sicilia Manfredi. Nel 1266 papa Clemente IV affidò il monastero ad un gruppo di monache cistercensi esuli dalla Grecia guidate da Dametta , probabilmente imparentata con la famiglia imperiale di Costantinopoli. Nonostante fosse ora occupato da un ordine religioso femminile, San Benedetto non perse le antiche prerogative e anzi papa Gregorio X permise alla badessa di poter indossare la mitra e impugnare il pastorale, che erano insegne vescovili, e le confermò la piena giurisdizione sul clero di Castellana. La straordinaria situazione, pressoché unica nella cristianità occidentale, fece coniare per il monastero di San Benedetto la dizione di Monstrum Apuliae (“stupore di Puglia”).  La madre superiora aveva pure l’eccezionale privilegio (per una donna) del baciamano, seduta sul trono badessale, da parte del clero maschile. Il convento godette, inoltre, di notevole prosperità economica. Contemporaneamente alla crescita del prestigio e del potere delle badesse – molte delle quali nei secoli successivi sarebbero appartenute alla famiglia comitale Acquaviva d’Aragona – crebbero però anche le occasioni di attrito con il vescovo della cittadina e il clero castellanese. Già nel 1274 si registrarono le prime controversie giurisdizionali. Particolarmente vivaci furono quelle tra il 1659 e il 1665. Gli attriti perdurarono sino ai primi anni dell’Ottocento, quando i decreti murattiani di abolizione dei diritti feudali e di scioglimento degli ordini religiosi posero fine alla storia del monastero. Il complesso monastico occupa una vasta porzione del centro storico all’interno delle mura megalitiche, delle quali ingloba ampi tratti, in parte visibili. La chiesa conserva una parte della cinta muraria dell’XI secolo. Il monumentale ingresso laterale, del 1658, presenta una coppia di leoni su cui si innestano due colonne corinzie e un protiro riccamente decorato. In corrispondenza dell’ingresso laterale si erge un campanile barocco la cui sommità è ricoperta di maioliche bicrome. Le stesse maioliche rivestono la cupola che si apre sulla navata centrale. L’interno a tre navate è rappresentato da un’aula di forma rettangolare impreziosita da decorazioni barocche: l’abside fu eliminata nel XVI secolo per favorire la costruzione di un grande altare centrale. Tra gli altari laterali, quelli di San Benedetto e San Biagio conservano due tele di Paolo Finoglio. Altre opere sono attribuite a Carlo Rosa e Nicola Gliri. Sotto la chiesa si apre una cripta dell’XI secolo, dedicata a san Mauro, con due navate e archi a sesto tondo. Il chiostro medievale, risalente ai secoli XI-XIII, ha forma trapezoidale. Le colonne binate che reggono il portico hanno capitelli in pietra intagliata ed, in uno in particolare, si trova scolpito un rarissimo esempio di labirinto. Parte del complesso monastico ospita attualmente il museo civico archeologico. Nel monastero furono tumulati il conte Giulio Antonio I, il “Guelfo delle Puglie” e la moglie Isabella Filomarino, a lungo reggente della contea. Il campanile di San Benedetto è molto più alto di quello della cattedrale, proprio per volontà delle badesse. Volevano dimostrare alla comunità la loro superiorità e il loro potere.  In Conversano da tempo si combatteva una vera e propria battaglia tra il vescovo e le badesse. Come di consueto all’epoca il campanile della cattedrale doveva svettare sopra la città, sia come monito della superiorità della chiesa, sia come simbolo del potere ecclesiastico e vescovile. Le badesse fermarono la costruzione del campanile del duomo mediante un atto notarile. Fatto ciò poterono proseguire la costruzione della loro torre campanaria senza impedimenti per affermare a Conversano la netta superiorità nei confronti del vescovo.


LA CHIESA E CONVENTO DEI SS. MEDICI COSMA E DAMIANO

Negli anni trenta del Seicento il conte Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona (Il Guelfo di Puglia) e la consorte Isabella Filomarino commissionarono il rinnovamento dell’antica chiesa romanica di San Matteo, intitolando il nuovo complesso ai Santi Medici Cosma e Damiano, a cui i conti erano particolarmente devoti, avendone ricevuto una grazia. L’edificio preesistente fu sottoposto ad un totale rifacimento secondo lo stile barocco, e l’incarico dell’integrale riprogettazione dell’apparato decorativo interno, fu affidato al pittore napoletano Paolo Finoglio. Egli, morto prematuramente nel 1645, non vide mai compiuta l’opera, proseguita dai suoi allievi; la chiesa fu poi consacrata nel 1660 dal vescovo Giuseppe Palermo. L’esterno si presenta estremamente sobrio, con muratura compatta e uniforme in pietra calcarea (quasi ispirandosi all’antico stile romanico). La facciata presenta cordoli che la percorrono orizzontalmente e, in asse con il portale di ingresso, una grande finestra con lesena, il cui modello è ripreso dalle più piccole finestre sul prospetto laterale (all’intersezione con Corso Umberto). Il campanile è a due ordini, in mattoni. Notevole è il contrasto tra la semplicità delle facciate esterne e il fastoso spettacolo all’interno della chiesa, autentico trionfo del barocco napoletano; a partire dalla volta, infatti, un susseguirsi di stucchi e dorature fanno da cornice agli splendidi affreschi della volta e ai grandi dipinti degli altari, realizzati in gran parte dallo stesso Finoglio. Nei quattro angoli della volta campeggia lo stemma degli Acquaviva con al centro lo scudo Filomarino. La perfezione delle cornici e l’abile gioco di luce ideato per la volta, hanno fatto supporre l’intervento dell’architetto Cosimo Fanzago, creatore di opere simili a Napoli, tra tutte la chiesa di S. Chiara. Gli affreschi della volta raffigurano in dieci scomparti alcune scene del martirio e alcuni miracoli dei Santi Medici e nell’undicesimo i santi taumaturghi che ascendono al cielo in compagnia di S. Francesco, S. Antonio e S. Chiara. Sarebbero stati eseguiti dal Finoglio e dopo il 1645, anno della sua morte, completati dai suoi allievi (tra questi, il pittore di Giovinazzo Carlo Rosa). I lavori si sarebbero poi conclusi nel 1650, come attesta un’iscrizione nel riquadro della volta posto in direzione del portale d’ingresso. Secondo il giudizio degli studiosi, i tre affreschi centrali, in asse tra loro, raffiguranti i Santi Medici dinanzi alla SS. Trinitài Santi gettati dalla rupe i Santi salvati dall’angelo, sarebbero, invece, opere complete del Finoglio. Interessante anche il riquadro che rappresenta La carità di S. Elisabetta d’Ungheria, la regina terziaria patrona delle Terziarie che abitarono il monastero per quasi due secoli.


IL CASTELLO DI MARCHIONE

Si ignora l’origine del nome Marchione, nome che individua sia il castello, sia la contrada. Siffatto edificio era casino di caccia degli Acquaviva d’Aragona, conti di Conversano, la cui filiazione ininterrotta risale a Rinaldo Acquaviva, signore di Atri, vissuto intorno all’anno mille. Gli Acquaviva d’Aragona risiedevano abitualmente nel castello di Conversano ed usavano Marchione quale tenuta di caccia, costituita da bosco di querce e macchia mediterranea ed estesa duemila tomoli, cioè ettari 1.260; di tale bosco sopravvive un esemplare di quercia la cui età è valutabile in circa cinque secoli. La leggenda vuole che un passaggio sotterraneo collegasse Marchione con il castello di Conversano. Con la conquista normanna della Puglia (secolo XI) Conversano acquistò una notevole importanza dal punto di vista strategico ed economico, divenendo contea sotto il dominio di casa Altavilla, dopo la divisione del ducato di Benevento. Successivamente, nell’età angioina, la contea passò ai Brienne, agli Enghien, ai Lussemburgo, ai Sanseverino e ai Barbiano. Agli inizi del secolo XV, nel tormentato quadro politico che portò alla crisi del dominio angioino e al consolidarsi del potere dei grandi feudatari del regno, la contea divenne feudo dei Caldora e degli Orsini Del Balzo. In seguito pervenne agli Acquaviva d’Aragona con il matrimonio (1456) di Giulio Antonio Acquaviva con Caterina, figlia di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, principe di Taranto, e rimase sotto il loro dominio sino al 1806, anno del decreto di abolizione del feudalesimo nel Regno di Napoli. La contea di Conversano era uno dei sette potentati dell’Italia meridionale e comprendeva, oltre a Conversano, i territori di Bitetto, Bitonto, Casamassima, Gioia, Cassano, Noci, Turi, Castellana e Casal Castiglione. Notevoli furono le figure di alcuni conti di casa Acquaviva d’Aragona, fra cui il citato Giulio Antonio, valoroso uomo d’armi al servizio degli Aragonesi, che partecipò anche ai fatti di Otranto (1480-1481), rimanendo vittima di un agguato turco. Suo figlio Andrea Matteo, uomo d’armi anch’egli, ma soprattutto dotto umanista, fu protagonista di importanti vicende politiche: partecipò alla congiura dei baroni del 1485 contro il re aragonese; si schierò contro gli spagnoli nel conflitto che oppose Francia e Spagna fra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento per il possesso del Regno di Napoli, provocando così l’assedio di Conversano da parte degli stessi spagnoli. Un cenno particolare merita Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, il più potente feudatario della Puglia nel XVII secolo, detto “il Guelfo delle Puglie”, fondatore di Alberobello, noto per la maestria nell’uso delle armi, per il coraggio e per il suo mecenatismo. A soli diciassette anni, a capo di 300 cavalieri difese Manfredonia assalita dai turchi. Si schierò a difesa del governo spagnolo nei moti del 1647 e 1648, che, iniziati con la rivolta di Masaniello a Napoli, rapidamente propagatisi nelle città e nelle campagne, assunsero anche un carattere antifeudale.
A Giangirolamo II si devono le dieci tele raffiguranti episodi della Gerusalemme liberata ad opera del pittore napoletano Paolo Finoglio, che egli chiamò a corte intorno al 1635. Dopo la morte del Guelfo, nel quadro della crisi e del declino generale della grande feudalità meridionale, la contea di Conversano si avviò verso una lenta decadenza. Nel secolo XIX, in cui si verificò un diffuso degrado del patrimonio artistico ed ambientale, anche Marchione visse il suo peggiore momento: il castello, insieme ai terreni, dato in affitto ad agricoltori disattenti ai beni e valori artistici, fu adibito a locale agricolo (lo si rileva da fotografie di inizio Novecento) ed il bosco fu dissodato. La principessa Giulia Acquaviva d’Aragona, intorno agli anni 1920-30, riprese il possesso di Marchione ed avviò una paziente opera di restauro. Tale meritoria opera di salvaguardia e valorizzazione è stata proseguita con amore, competenza ed impegno dal figlio, principe don Fabio Tomacelli Filomarino (1920-2003), uomo di grande e profonda religiosità, sempre attento ai bisogni ed alle sofferenze della gente, autentico testimone di uno straordinario stile di vita, ultimo discendente di casa Acquaviva d’Aragona. Il castello, che presenta perfetta simmetria sia lungo l’asse longitudinale sia lungo quello trasversale, si sviluppa su tre piani: il piano terra, l’ammezzato e le quattro torri, disposte ai quattro spigoli, tutto di età medievale, il piano superiore di epoca barocco-neoclassica (tardo Seicento); quest’ultimo, secondo qualcuno, sarebbe opera della scuola vanvitelliana. Al piano superiore i soffitti, originariamente in legno e dipinti, furono sostituiti nel secolo XIX con volte in muratura, eccezion fatta per il salone centrale, sul cui soffitto ligneo (originale) è raffigurato lo stemma inquartato della casa Acquaviva d’Aragona; questo mostra lo stemma Acquaviva (leone rampante) e lo stemma, a sua volta inquartato, d’Aragona (pali, ecc.); fra gli altri figura lo stemma Filomarino. Nello stesso salone si osservano sulla parete sinistra (per chi entra) due alberi genealogici dipinti su tela: il primo è della casa Acquaviva d’Aragona, il secondo della casa Enriquez (casa reale di Castiglia, di cui un ramo si è estinto nella casa Filomarino); sulla parete opposta vi è un quadro ad olio raffigurante Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, detto “il Guercio delle Puglie”. Sulle stesse pareti, più in basso, vi sono dei “Medaglioni” (dipinti ad olio su rame) che raffigurano i vari duchi d’Atri di casa Acquaviva. In un’altra stanza vi è il quadro raffigurante la contessa Isabella Filomarino, moglie di Giangirolamo II, che resse la contea durante le varie assenze del consorte, ed alla cui pia volontà si deve la costruzione della chiesa del Carmine a Conversano (1652).  a circa 6 chilometri da Conversano, nel Settecento viene utilizzato come casa di caccia e residenza estiva degli Acquaviva d’Aragona, conti di Conversano. La struttura ha pianta rettangolare, con quattro torrioni cilindrici agli angoli ed è composta di un piano terra, un piano rialzato e un piano superiore. Le loggette delle finestre, agli esterni delle facciate, comunicano con terrazzini circolari ricavati dalla copertura dei torrioni angolari. Lo scalone di accesso al piano superiore con le rampe multiple, le ricche decorazioni delle finestre, le balaustre che ornano la scalinata ed i terrazzini, la facciata principale e quella posteriore, simmetriche e tripartite, con le artistiche trifore, rendono maestosa ed elegante la nobile costruzione.